1965-1975 – La Cgil e lo scenario generale

È questo il decennio che comprende la grande rivoluzione antiautoritaria del ‘68, l’autunno caldo operaio, che non a caso cade nello stesso anno di Piazza Fontana e dell’inizio della stagione stragista prima di destra e poi di sinistra, entrambe rivolte contro il processo riformista,. Con il 1973 terminano i “trenta gloriosi”, vale a dire gli anni della fase di crescita:  l’aumento del costo del petrolio deciso dai produttori arabi dopo la “guerra del Kippur” determina, insieme alla fine della convertibilità del dollaro, una forte spirale inflazionistica e mette fine alla crescita dell’economia europea, praticamente ininterrotta dalla fine della guerra. In Italia, totalmente dipendente dall’estero per le fonti energetiche, la recessione economica e l’inflazione sono ancora più accentuate.

Il sindacato, che dispone ancora di una notevole forza, riesce a siglare nel gennaio del 1975, l’accordo che prevede la progressiva unificazione del punto di contingenza al livello più alto. Sono però anche gli anni delle grandi riforme sociali del nostro paese (nuove normative riguardano: istituzione delle Regioni a statuto ordinario, Statuto dei diritti dei lavoratori, divorzio, istituzione degli asili nido pubblici, tutela delle lavoratrici madri, istituzione scuola a tempo pieno, obiezione di coscienza, “decreti delegati” nella scuola, nuovo diritto di famiglia, riforma penitenziaria, servizio sanitario nazionale, legge sull’interruzione volontaria della gravidanza, legge “Basaglia” e chiusura dei manicomi).

La Cgil vive tutti i passaggi di questa complessa fase da assoluta protagonista.

Nel 1968 l’esplosione della contestazione giovanile, radicale e irriverente, sembra cogliere di sorpresa il sindacato, rendendo evidenti i limiti della sua azione e lontananza dalla base. Da quel momento riprende il dialogo tra le Confederazioni, sostenuto con vigore dalle importanti conquiste operaie nella contrattazione aziendale in tema di organizzazione del lavoro, ambiente di lavoro e delegati. La nuova offensiva sindacale porta al primo sciopero generale unitario dai tempi delle scissioni (14 novembre 1968), proclamato per ottenere una nuova riforma previdenziale, ed ha un approdo positivo all’inizio del 1969 con la vittoria sindacale per le pensioni e l’abolizione delle “zone salariali”.

Parallelamente in Italia tra i lavoratori, specie i più giovani e immigrati dal Sud, spesso privi di esperienza sindacale e politica, impiegati nei settori industriali che richiedono maggior fatica e minor qualificazione – i cosiddetti “operai-massa” – si crea un potente movimento di rivendicazione. Dopo gli anni del “boom” economico, il mondo produttivo è attraversato da profondi segni di crisi e la spinta riformatrice del centro sinistra non mantiene le sue promesse. Contemporaneamente si avvertono i pericoli di svolte autoritarie con tentativi di “golpe” e gravissimi attentati stragisti. E’ soprattutto il mondo del lavoro, con i sindacati alla testa, a difendere la democrazia con una mobilitazione incessante e a promuovere la partecipazione entrando da protagonista nella scena politica e sociale.

La stagione congressuale del ‘69 mostra segnali evidenti di maturità. La Cgil, nel VII Congresso di Livorno, sceglie l’incompatibilità tra incarichi sindacali e di partito, rafforzando la propria autonomia politica. L’apice viene raggiunto con “l’autunno caldo” dei metalmeccanici, quando la categoria riesce a rinnovare il contratto ottenendo grandi conquiste in tema di democrazia (assemblea), salario (aumenti uguali per tutti), orario (40 ore settimanali), diritti e potere nei luoghi di lavoro. Gran parte di quelle conquiste trovano poi spazio nella legge n. 300/1970, lo Statuto dei diritti dei lavoratori, fortemente voluto dall’ex segretario nazionale della Cgil e Ministro del Lavoro Giacomo Brodolini, e approvato dal Parlamento nel maggio 1970, che sancisce “l’ingresso della Costituzione in fabbrica”. Qualche settimana prima, nel marzo 1970, Luciano Lama subentra a Novella alla guida della Cgil.

Il ciclo conflittuale si mantiene elevato fino al 1973, quando i rinnovi contrattuali decretano una nuova importante vittoria: l’inquadramento unico operai-impiegati. Tuttavia, le proposte più radicali di unità sindacale per arrivare alla Confederazione unitaria trovano ancora molti oppositori nel sindacato, tra i partiti, nelle istituzioni e nelle classi dirigenti.

 

Bibliografia

G. Loreto, L’unità sindacale. Culture organizzative e rivendicative a confronto (1968-1972), Futura, 2009
J. Torre Santos (a cura di), Il sindacato nell’Italia del secondo dopoguerra, Unicopli 2008
M. Pistillo, Giuseppe Di Vittorio, Lacaita, 1987
G. Trotta, F. Milana (a cura di), L’operaismo negli anni sessanta. Dai Quaderni rossi a Classe operaia, DeriveApprodi, 2008
A. Pepe (a cura di), Storia del sindacato in Italia nel ‘900, 4 voll., Roma, Ediesse

Scenari generali