ARMANDO BORGHI

Armando Borghi nasce il 6 aprile 1882 a Castel Bolognese (Ravenna) da Domenico e da Antonia Ortolani. Dotato di ottime qualità oratorie,  inizia prestissimo a parlare nei comizi in nome degli anarchici ed è grazie a lui che il movimento anarchico si inserisce nella lotta politica a fianco della corrente socialista intransigente. Nel maggio 1906 inizia a dirigere il settimanale anarchico ravennate L’Aurora. Trasferitosi nel luglio 1907 a Bologna, Borghi inizia la vera e propria attività sindacale assumendo l’incarico di segretario del sindacato provinciale degli edili, autonomo dalla Federazione nazionale e dalla CGdL, incarico che manterrà per tre anni e mezzo. A Parigi prende contatto con gli ambienti della Bataille syndicaliste, mentre in Svizzera si reca nel 1912 per tenere una serie di conferenze: rientra in Italia nel dicembre 1912, ma è arrestato nuovamente nel gennaio del 1913.

Nell’agosto del 1915 Borghi si trasferisce a Modena, dove diviene segretario della locale Cooperativa braccianti. Allontanato dalla città per l’intensa propaganda antipatriottica e rimpatriato a Bologna, nel novembre si stabilisce a Piacenza dove, temporaneamente segretario della Camera del Lavoro, svolge incessante attività organizzativa ai fini di combattere in quelle zone l’influenza dei deambrisiani. Descritto dalla polizia come “uno dei più pericolosi propagandisti di tutto il Regno”, nell’aprile 1916 è inviato in internamento a Firenze e da qui all’Impruneta. Prosciolto dall’internamento nel dicembre 1918, dopo un giro di propaganda si trasferisce a Firenze e poi a Bologna.

Nel dicembre 1918 Borghi, a nome dell’USI, rifiuta un accordo sindacale con la CGdL , contrapponendo a una proposta confederale di unità mediante l’adesione dell’USI alla CGdL., quella, più radicale, dello scioglimento delle Leghe e della convocazione di una costituente sindacale, con elezione, dalla base, di un nuovo organismo. Nel 1920 Borghi viene invitato come rappresentante dell’USI a partecipare alla costituzione della Internazionale dei Sindacati Rossi. 

L’ultimo atto politico di Borghi prima dell’esilio è l’adesione all’Alleanza del Lavoro, sorta nel febbraio del 1922 su iniziativa di gruppi anarchici e repubblicani romani. Poco dopo la Marcia su Roma lascia l’Italia per recarsi a Berlino: inizia così l’esilio che si sarebbe protratto per più di un ventennio. Date le sue posizioni, preferisce non partecipare direttamente alla guerra civile in Spagna.

In Italia il movimento anarchico, disperso durante il fascismo e praticamente assente dalla lotta clandestina, si riorganizza: dopo essere stato attivo nella campagna contro la Costituente che gli anarchici conducono all’insegna del “né eletti né elettori”, e aver inutilmente proposto nel giugno 1946 un blocco delle “sinistre malcontente”, nel 1948 faceva ritorno negli Stati Uniti.

Di nuovo in Italia pochi giorni prima del V congresso della FAI (Civitavecchia, 19-22 marzo 1953), vi fa approvare una sua mozione sulle “basi fondamentali dell’anarchismo”: dopo aver ribadito il principio dell’antiautoritarismo, la mozione afferma l’opposizione al comunismo e la solidarietà tra i popoli “contro i fautori delle distruzioni delle vite umane e della guerra, senza eccezione tra Occidente e Oriente”. Nominato nel 1953 direttore di Umanità Nova, Borghi da quelle colonne conduce la sua polemica all’interno e all’esterno del movimento anarchico fino al 1965. Muore a Roma il 21 aprile 1968. 

 

Tratto da:

G. Procacci, “Armando Borghi”, Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 12, 1971